FICHTE
𝓕𝓲𝓬𝓱𝓽𝓮
Quando Kant muore (1804), Fichte è ancora in vita.
La schiera di allievi di Kant aveva cominciato a dibattere il concetto di cosa in sé (quello che non
possiamo conoscere) sul piano gnoseologico.
Kant aveva detto che tutto ciò che ci è dato, ci è dato tramite il pensiero. I seguaci/allievi allora
dissero: “Che cosa ci autorizza a pensare che esista qualcosa che sta al di là del pensiero?” –
“Possiamo pensare che esista qualcosa che sta al di là del pensiero?”.
Ci fu quindi un dibattito sull’esistenza della cosa in sé, sul problema della conoscibilità o meno.
DAL CRITICISMO ALL’IDEALISMO
Si passa dal Criticismo di Kant all’Idealismo di Fichte.
Fichte disse che visto che la cosa in sé (ciò che noi possiamo pensare ma non conoscere) è
contraddittoria dal punto di vista gnoseologico - in quanto presuppore il pensiero della cosa in sé
porta dietro tanti problemi - la soluzione Fichtiana è che la cosa in sé non esiste. Rimane solo quindi
solo la cosa per noi e quindi solo il pensiero (era fenomeno), rimane solo l’Io, rimane solo la ragione.
Non esiste più la cosa. L’oggetto è oggetto perché lo penso.
Fichte sposta quindi (fondando l’idealismo) la questione dal piano puramente gnoseologico della
conoscenza al piano dell’essere: “Pensare che esista la cosa in sé è problematico, non si riesce a
spiegare e quindi dobbiamo dire che la cosa in sé non esiste, l’unica cosa che esiste è l’Io (il
pensiero)”. L’Io non sarà più l’Io Penso di Kant (che era il legislatore della realtà e che aveva la cosa
in sé) ma diventerà l’Io Puro di Fichte, che è infinito (non avendo la cosa in sé che era il limite) e che
non è soltanto legislatore ma anche creatore della realtà.
KANT
Io Penso Legislatore, finito
FICHTE
Io Puro Legislatore e creatore, infinito
Creare può essere inteso come far essere, dare senso.
Creare: l’Io che fa essere l’essere, dà senso all’essere, l’essere è essere perché l’Io lo pensa, l’Io crea
nel senso che dà senso.
La natura viene definita da Fichte il “non io” ed è il limite che l’Io si pone per potersi realizzare.
Nell’introduzione alla Dottrina della Scienza Fichte dice: “Io non dico nulla che Kant non abbia già
detto, vado semplicemente là dove Kant non è arrivato”.
Quest’opera ebbe un grande successo pur essendo molto difficile. Andava incontro alle esigenze del
tempo, diceva quello che i lettori volevano sentire, i lettori erano stanchi, l’illuminismo era stata la
filosofia del limite facendo tante promesse che poi non si erano realizzate finendo in un bagno di
sangue. Ciò che rende interessante l’opera di Fichte è il desiderio dell’infinito.
Fichte dice che Kant aveva dato tutti gli elementi per costruire un sistema filosofico, ma che però
non ha fatto, perché ha mantenuto il dualismo tra cosa in sé e fenomeno (hanno fondamenti
differenti).
Fichte individua quindi dei limiti nel pensiero Kantiano.
Primo limite mantenimento del dualismo tra cosa in sé e fenomeno da parte di Kant: se si mantiene
questo dualismo non si arriverà mai a creare un sistema filosofico (= una filosofia che individui un
principio unico da cui possa esser dedotta sia l’attività teoretica che l’attività morale).
Fichte in quest’opera si propone di creare un sistema filosofico, superando il dualismo.
Per Kant la conoscenza e la morale erano due attività umane diverse: i principi che determinavano una
non erano gli stessi principi che determinavano l’altra. Abbiamo una conoscenza vera quando
applichiamo le categorie ai fenomeni, quando la nostra ragione agisce attraverso l’esperienza.
Fichte invece dice che bisogna (1 motivo per il quale mantenere il dualismo è impossibile) trovare un
principio primo che spieghi sia l’attività teoretica che l’attività morale, ma non riusciremo mai a
trovare questo principio finché si mantiene il dualismo. Inoltre, fino a che si mantiene il dualismo tra
cosa in sé e fenomeno: (2) lo scettico avrà sempre ragione perché non sapremo mai se le nostre leggi
siano veramente le leggi della realtà; e (3) non si capisce come noi possiamo realizzare la nostra
essenza di esseri liberi: se la natura ha leggi che sono indipendenti da noi, come possiamo realizzarci
come esseri liberi?
DOGMATISMO E IDEALISMO
Fichte dice che alla fine sono due i sistemi filosofici possibili (perché nella realtà l’esperienza ci si
presenta o come cosa o come pensiero):
1. Materialismo (o dogmatismo) pone come soggetto (principio primo) la cosa (la materia) e
considera il pensiero come predicato. Non c’è spazio per la libertà a causa delle leggi meccaniche.
2. Idealismo pone come soggetto il pensiero e la cosa come predicato (è il pensiero a determinare
l’essere). L’idealismo salva la libertà e quindi la responsabilità dell’uomo.
Per Fichte noi non possiamo scegliere razionalmente quale principio sia valido perché i principi primi
sono indimostrabili. Scegliere uno o l’altro si tratta di principi primi, quindi reciprocamente
indimostrabili, incommensurabili, non sapremo mai chi ha ragione tra le due correnti.
Per Fichte però esiste una superiorità morale dell’idealismo rispetto al materialismo; in ogni caso,
essere l’uno o l’altro dipende da che uomini siamo.
Per Fichte però l’idealismo spiega anche più del dogmatismo, c’è infatti anche una superiorità
teoretica: l’idealismo riesce a spiegare perché natura/materia esistano; il dogmatismo non riesce a
dare ragione nell’esistenza del pensiero.
Il dogmatico è condizionato dall’esperienza, così sottomesso agli eventi che si sente come prodotto
degli eventi stessi. L’uomo invece che sceglie l’idealismo è un uomo che sente dentro di sé l’imperativo
categorico di Kant, che sa di essere libero e sa che quello che è, è lui che sceglie di esserlo. Un uomo
che si sente fiacco, debole, sceglie il dogmatismo (sono così non per quello che ho fatto ma per come
sono stato condizionato). Un uomo che sente di essere libero sceglie l’idealismo.
DOTTRINA DELLA SCIENZA
Obiettivo Fare della filosofia la scienza delle scienze costruendo un sistema filosofico che individui
il principio primo del sapere. Costruire quindi un sistema filosofico.
Come sappiamo, nell’Esperienza abbiamo il Pensiero e le Cose. La domanda per individuare il principio
primo del sapere è: “Che cosa è un oggetto?”. E poi: “Che cosa fa essere oggetto, l’oggetto?”.
L’oggetto esiste solo a condizione che un soggetto lo pensi come oggetto (qualcos’altro da sé).
Il soggetto, per poter pensare l’oggetto come altro da sé, deve prima di tutto pensare a sé stesso
come soggetto e diverso dall’oggetto quindi a fondamento della coscienza (cioè della conoscenza
dell’oggetto) viene l’autocoscienza (cioè la conoscenza di sé).
Fichte aveva come obiettivo nella Dottrina della Scienza quello di trovare il principio primo del sapere
e della realtà, che si trova nell’autocoscienza, che lui esprime secondo i principi della Dottrina della
Scienza:
- 1° PRINCIPIO DELLA DOTTRINA DELLA SCIENZA: Io = Io, oppure, l’Io pone sé stesso.
Questo “Io” è autoproduzione e infinito (è l’unica cosa che esiste). È atto e libertà.
Risulta antecedente ai fondamenti della logica, per esempio principio di identità (A = A) e di non
contraddizione (A non A).
Cos’era l’Io prima di porsi? Non era. L’Io è, solo perché si pone. Se non si ponesse non sarebbe. È il
pensiero che fa l’essere, non è l’essere che fa il pensiero.
Per far sì che l’Io si possa realizzare come azione deve esserci un limite, qualcosa che si opponga,
infatti:
- 2° PRINCIPIO DELLA DOTTRINA DELLA SCIENZA: l’Io pone il non Io.
Tutto questo non avviene secondo sequenza temporale ma secondo la sequenza logica, riprende
Eraclito. L’Io pone il non Io perché l’Io è azione, e l’azione presuppone che esista qualcosa su cui
l’azione si realizzi. Il limite, cioè il “non Io”, è da una parte la natura e dall’altra la materia.
Riflessione: “Potremmo considerare il non Io come il noumeno kantiano?”. No, il noumeno è qualcosa
che esiste indipendentemente dall’Io, per Kant noi non siamo creatori; il non Io invece è stato posto
dall’Io.
-3° PRINCIPIO DELLA DOTTRINA DELLA SCIENZA: l’Io oppone nell’Io, all’Io divisibile, un “non Io”
divisibile. Questo principio spiega come siamo nati noi e le cose. Ci sono tanti uomini e tante cose. E
perché? Perché l’opposizione tra l’Io e il non Io non può essere tra l’Io puro e il non Io perché l’Io e
il non Io si eviterebbero. E nel momento in cui l’Io pone il non Io, non è più infinito ma limitato, e
tutto ciò che è limitato è divisibile. L’Io puro è infinito, ma nel momento in cui pone l’Io finito diventa
determinato e quindi limitato e divisibile. Ognuno di noi (Io finito) è frutto della divisione dell’Io puro.
CHE LEGAME ESISTE TRA L’IO FINITO(NOI) E L’IO PURO?
È lo stesso rapporto che esiste trala goccia del mare : il mare = parti dell’Io Puro : l’Io Puro.
Il compito dell’Io finito è quello superare il non Io, in modo da ricomporre l’Io puro. È un compito
infinito, impossibile da raggiungere, se venisse raggiunto l’Io non esisterebbe: l’Io esiste perché esiste
il non Io. Fichte ha l’esigenza dell’ostacolo, dobbiamo cercare di superarlo ma è un compito
irraggiungibile.
Fichte: “Essere liberi è nulla, divenirlo è cosa celeste, che cos’è la libertà?. La libertà non è un
qualcosa di dato, è una conquista. In Fichte c’è un’esaltazione dell’attività umana, del lavoro dell’uomo
che domina la natura, è una natura addomesticata dall’uomo. Natura creata dall’Io nel senso che
esiste come natura perché io la penso come natura.
Abbiamo bisogno degli altri, di non essere soli, come stimolo per poter agire: “È dagli altri che ci viene
lo stimolo per poter agire, non dalle cose”. Siamo in tanti perché da soli non riusciremmo a vivere.
Abbiamo bisogno di un sostegno nel nostro compito che è impossibile. Abbiamo bisogno degli altri che
ci stimolino ad agire e a superare il non Io.
ATTIVITÀ CONOSCITIVA E ATTIVITÀ MORALE
Dal rapporto fra l’Io e il non Io derivano sia l’attività conoscitiva che l’attività morale.
L’attività conoscitiva secondo Fichte è data dall’azione del non Io sull’Io. Qualcosa deve per forza
agire quindi sull’Io.
attività conoscitiva
Fichte si dichiara un ideal-realista perché come i realisti è convinto che la conoscenza sia un atto
recettivo (azione dell’oggetto sul soggetto) e idealista perché è convinto che sia l’Io ad aver posto il
non Io, riconduce l’atto conoscitivo ad un atto di riappropriazione dell’Io sul non Io. Perché l’Io che ha
posto il non Io, poi lo deve conoscere? Perché la coscienza dell’oggetto, inteso come altro da sé, ha
come fondamento il processo dell’immaginazione produttiva (processo totalmente inconsapevole,
inconscio): nel momento in cui l’Io pone il non Io, l’Io non è consapevole.
Kant lo usa negli schematismi trascendentali nei quali spiega come l’intelletto riesca ad applicare le
categorie ai fenomeni.L’immaginazione produttiva per Fichte crea anche la stessa materia del
conoscere, non soltanto la forma. L’Io è causa del non Io (fondatore e creatore) e la conoscenza con i
suoi gradi (sensazione, percezione, intelletto...) consisteranno in un processo di riappropriazione del
non Io da parte dell’Io.
attività morale
Viene invece spiegata come un’azione dell’Io sul non Io.
Kant – nel primato della Ragion Pratica – si chiede quanto tempo sprechiamo a conoscere rispetto a
quello che sprechiamo per fare. L’interesse teoretico è minimo rispetto a quello pratico. La ragione
dal punto di vista pratico è costretta ad ammettere quello che aveva negato dal punto di vista
teoretico: non sappiamo se possiamo conoscere Dio.. ma poi ha dovuto ipotizzare i due postulati.
Anche Fichte parla del primato della Ragion Pratica che però assume un altro valoreprimato della
morale rispetto alla conoscenza. Conosciamo per poter agire. Alla base dell’atto conoscitivo c’è l’Io
che è azione, atto, libertà, un essere morale. L’attività conoscitiva ha una funzione morale,
conoscendo realizziamo il nostro essere morale. Oltre la conoscenza realizziamo la nostra essenza di
esseri morali attraverso l’azione. Mentre la morale di Kant è una morale formale (non ci dice cosa
fare ma come) quella di Fichte ci dice il cosa. Per Fichte il bene è l’azione, l’agire, il male è l’ozio
(come Giordano Bruno).
DA LIBERALE A STATALISTA (ORGANISCISTA)
Nella prima fase della sua vita è stato un liberale, nella seconda diventa uno statalista (teorico di uno
stato accentrato - Locke fu uno dei primi liberalisti, a contrasto per certe cose con Hobbes).
Pensiero Liberale (1): il liberismo si sviluppa nel ‘700 in opposizione all’assolutismo del ‘600.
L’assolutismo ha il totale controllo dei cittadini che diventano dei “sudditi”. Il liberalismo afferma
l’esistenza di libertà e di diritti inalienabili del cittadino, sfere nella quale lo stato non può
intervenire (vita, libertà e proprietà): lo stato nasceva per garantire questi diritti e qualora lo stato
non svolgesse questi compiti c’era il diritto alla ribellione. Per garantire questi diritti c’era la
divisione fra Re e Parlamento. I liberali vedevano come stato ideale una monarchia costituzionale con
divisione dei poteri (tutti i liberisti sono liberali, ma non tutti i liberali poi sono liberisti).
Fichte in questa fase dà allo stato il compito di garantire i diritti.
Assegna allo stato anche il compito di educare i cittadini (cosa che i liberali classici come Locke e
Montesquieu non fecero). Esiste uno stato perché siamo in tanti e tutti vogliono essere liberi. Il
rischio è che la libertà di ognuno finisca per limitare la libertà dell’altro. Se fossimo esseri
totalmente razionali, non ci sarebbe bisogno dello stato. È un altro compito impossibile, ma dovremmo
fare in modo che ci sia sempre bisogno di meno stato. Finì per essere una speranza illusa.
Arriva quindi alla Concezione Statalista, Organicistica (2) dello stato. In questo non sono i cittadini a
fare lo stato, bensì lo stato a fare i cittadini: i cittadini sono cittadini soltanto nello stato e per lo
stato. Toglie ai cittadini il diritto di ribellione.
Nel 1800 scrive “Lo Stato commerciale chiuso” (afferma che abbandona il liberalismo e il liberismo)
dove scrive che lo stato non solo ha il compito di garantire i diritti ma di renderli effettivi (es. diritto
di proprietà: all’interno dello stato tutti devono avere di che vivere). Lo stato deve entrare quindi
nella vita economica perché ha il compito di distribuire le ricchezze ed evitare che ci sia la povertà
assoluta. Perché lo stato svolga questo compito, lo stato deve avere al suo interno tutto quello che
serve alla sua economiaautarchia (lo stato produce al suo interno tutto quello che serve per poter
vivere). Se c’è qualcosa che non può essere prodotto all’interno dello stato, lo stato deve avere il
monopolio del commercio di quel prodotto.
Non è un socialista, i socialisti vogliono l’abolizione della proprietà privata mentre lui dice che la
proprietà privata deve essere meglio distribuita. Se il mercato è controllato dallo stato, lo stato si
assicurerà che non ci sia troppa concorrenza tanto da farti fallire, lo stato regolamenta la vita
economica. Fu un autarchia che però non bloccò i contatti di intellettuali e artisti con l’estero.
DISCORSI ALLA NAZIONE TEDESCA
I suoi allievi scrissero, sulle sue lezioni, “Discorsi alla nazione tedesca” - importante dal punto di vista
politico.
contesto storico
1806 = guerre napoleoniche, battaglia di Jena, occupazione napoleonica della Prussia. I tedeschi in
questo periodo sono sottomessi ai francesi.
I discorsi alla nazione tedesca sono stati fatti per spingere i tedeschi a risollevarsi e comprendere la
loro identità ma soprattutto la loro superiorità in un momento in cui erano sottomessi. Vinti dai
francesi, ma non vuol dire che i tedeschi siano una nazione inferiore. Hanno una cultura, una storia,
una religione, una lingua, che li pone al centro della cultura europea. Centrale in quest’opera è il
concetto di nazione. I fondamenti di uno stato sono il territorio, il popolo ed il governo, sono ciò che lo
caratterizzano. La nazione invece è un insieme di uomini uniti per cultura, storia, religione e lingua. I
tedeschi non sono attualmente uno stato, perché divisi in tante entità statuali, ma sono una nazione,
perché hanno una cultura, una storia, una lingua, una religione comune. “Sono una nazione perché
hanno il sangue comune”verrà ripreso dalle teorie naziste nel ‘900. Non solo hanno una lingua
comune, ma hanno anche una lingua che è stata meno contaminata dal latino rispetto a tutte le altre
lingue. Riguardo le religione, i tedeschi hanno il luteranesimo, che ha voluto portare il cristianesimo
alle origini. Hanno una storia. Tutto questo rende i tedeschi superiori. Questa superiorità viene usata
come giustificazione per spiegare il ruolo che i tedeschi devono avere per educare le nuove nazioni
(siamo contemporanei a Mazzini).
La Germania ha il compito di promuovere lo sviluppo in Europa.